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diceva, e corse via agitando la berretta come andasse a spegnere un incendio.

Si trovò nel cortiletto dell’usuraia.

Tutto era pace là dentro come nell’arca di Noè. Le colombe bianche tubavano, con le zampe di corallo posate sull’architrave della porticina sotto un tralcio di vite che gettava una ghirlanda d’oro sulla sua ombra nera; e in questa cornice l’usuraia filava, coi piccoli piedi nudi entro le scarpette ricamate, il fazzoletto ripiegato sulla testa.

Lo spasimo di Efix turbò la pace del luogo.

— Dimmi subito come va l’affare di don Giacinto.

L’usuraia sollevò le sopracciglia nude e lo guardò placida.

— Ti manda lui?

— Mi manda il boia che ti impicchi! Parla, e subito, anche.

Con un gesto minaccioso le fermò il fuso ed ella ebbe paura ma non lo dimostrò.

— Ti mandano le tue dame, allora? Ebbene, dirai loro che non si prendano pensiero. C’è tempo, a pagare, non ho fretta. In tutto ho dato quattrocento scudi, al ragazzo. Egli cominciò a chiedermi i quattrini quando eravamo alla festa. Voleva far bella figura. Diceva che aspettava denari dal Continente. Mi rilasciò una cambiale firmata da don Predu. Come potevo dire di no? Dopo, ritornò, qui. Mi disse che i denari del Continente li aveva