Pagina:Deledda - Canne al vento, Milano, 1913.djvu/120


— 112 —

— Come un bambino davvero....

— Un bambino che ha tutti i denti però! E come mastica! Vi mangerà anche il poderetto. Efix, ricordati: son qua io! Se no, bastonate....

Efix lo guardava dal basso, spaurito; e il grosso uomo a cavallo gli sembrava, nel crepuscolo rosso, un uccello di malaugurio, uno dei tanti mostri notturni di cui aveva paura.

— Gesù, salvaci, Nostra Signora del Rimedio, pensa a noi....

Don Predu s’era già allontanato, quando Efix lo raggiunse nello stradone porgendogli con tutte e due le mani un cestino colmo di pomi e di ortaggi.

— Don Predu, mandi questo con la sua serva alle mie padrone. Io non posso abbandonare il poderetto... e don Giacinto non viene...

Da prima l’uomo lo guardò sorpreso: poi un sorriso benevolo gli increspò le labbra carnose. Sollevò una gamba e disse:

— Guarda lì, c’è posto.

Efix cacciò il cestino entro la bisaccia, e mentre don Predu andava via senza dir altro, se ne tornò su alla capanna: aveva paura che le padrone lo sgridassero; sapeva d’aver commesso un atto grave, forse un errore; ma non si pentiva. Una mano misteriosa lo aveva spinto, ed egli sapeva che tutte le azioni compiute così, per forza sovranaturale, sono azioni buone.