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ricevuta e tutti gli risero in faccia. Eppure il mio amico fu cacciato via dal posto.... sì, saranno quattro mesi.... sì, ricordo, in carnevale. Egli andò a ballare. Si stordiva, beveva: non aveva più un soldo. Uscendo dal ballo prese una polmonite e cadde su una panchina di un viale. Lo portarono all’ospedale. Quando uscì, debole e sfinito, non aveva casa, non aveva pane. Dormiva sotto gli archi del porto, tossiva e faceva brutti sogni: sognava sempre il capitano che lo inseguiva, lo inseguiva.... come nelle scene del cinematografo. Ed ecco una sera, ecco proprio il capitano che va a cercarlo sotto gli archi del porto. L’amico credeva di sognare ancora; ma l’altro gli disse: sa, è da un pezzetto che la cerco. So che è fuori di posto per via di quel versamento, ma a me preme che i suoi superiori e tutti sappiano la verità. È meglio anche per lei: dica in sua coscienza: li ho versati o no, i denari? — L’amico rispose: sì. — Allora il capitano disse: — Cerchiamo di aggiustare le cose. Io non voglio rovinarla: venga a casa mia, ecco il mio indirizzo: venga domani e assieme andremo dai suoi superiori. — Va bene! Ma l’indomani nè poi l’amico andò. Aveva paura. Aveva paura. Eppoi il tempo era orribile ed egli non si moveva di là. Tossiva e un facchino gli portava di tanto in tanto un po’ di latte caldo. Che tempo era! Che tempo! — ripetè