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limite di un deserto, davanti a un miraggio.
Efix uscì e le disse:
— Perchè non ti diverti?
Ella accomodò sulla cuffietta del bimbo il nastrino giallo contro il malocchio, e gli occhi le si riempivano di lagrime.
— Per me è finito tutto!
Dalla capanna le parenti la chiamavano:
— Grixenda, vieni! Che dirà tua nonna vedendoti così magra? Che non ti diamo da mangiare?
— Eh, bocconi soli ci vogliono, — disse Kallina a Efix, dopo averlo chiamato ammiccando. — Vieni, Efix, bevi un bicchierino di vernaccia. Sai chi me l’ha regalata? Il tuo padroncino. Buono come il pane, e affabile: ma senti, bisogna dirgli che Grixenda non è adatta per lui!
— E lasciateli divertire! Siamo alla festa!
— Qui si viene a far penitenza, non a peccare. Sì, le parenti dànno da mangiare a Grixenda, ma non badano ov’essa va giorno e notte con don Giacinto.
— E le mie padrone? Non s’accorgono?
— Loro? Son come i santi di legno nelle chiese. Guardano, ma non vedono: il male non esiste per loro.
— È vero! — ammise Efix. Bevette, ma si sentì triste e andò a coricarsi sotto un lentischio della brughiera.