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era dunque all’accademico inglese asserire quel metodo meritevole d’essere semplificato: ma non eragli lecito negare che così fosse venuto trovato ad Eratostene. L’autorità di uno scrittore nella narrazione di un fatto non si distrugge cercando di screditarlo come poco profondo nella scienza. E la fede che si attribuisce alla narrazione di un fatto non dipende dalla stima che si faccia della dottrina del narratore: chè altro è la sincerità di un testimone, ed altro la perizia di un esperto. Ma l’accademico inglese non si tenne vincolato a questi canoni di critica, punto più che ad un sentimento di gratitudine; essendo poi alla fine Nicomaco e Boezio i soli che di quel Vaglio abbiano fatta una descrizione. Egli si libera del peso della loro autorità, come narratori, ed insieme da quello della riconoscenza, parlandone così: «Eratostene, la cui maestria in ogni ramo di filosofia e di letteratura de’ suoi tempi rese tanto famoso il suo nome fra i Saggi della scuola Alessandrina, fu inventore di un metodo indiretto, col quale si può costruire una siffatta Tavola, e condurla ad una grande lunghezza in breve tempo, e con poca fatica. Questa straordinaria ed utile invenzione è al presente, io credo, poco o nulla conosciuta: essendo descritta soltanto da due scrittori, letti di rado, e da essi poi anche oscuramente; da Nicomaco Gerasino, superficiale scrittore (shallow writer) del 3o o del 4o secolo, che sembra essere stato condotto alle speculazioni matematiche, non tanto da qualche genio per esse, quanto dalla tenerezza pei misteri della filosofia pitagorica e platonica; e da Boezio, il cui trattato sopra i numeri non è altro che un compendio del miserabile lavoro di Nicomaco (of the wretched performance of Nicomachus).»

La sola delle ragioni dell’Horsley che potesse essere presa a calcolo nella presente quistione storica, sarebbe quella della impossibilità pratica di costruire una tavola di numeri quale è descritta da questi autori. E qui, senza pretendere che il dotto inglese si provasse a costruirla, pare che almeno