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vediamo non aver essi alcun divisore comune, e per ciò essere primi fra di loro. Che è appunto ciò che Nicomaco e Boezio ci avean detto ottenersi col Vaglio d’Eratostene.

Che poi, potendosi conseguire anche con altri metodi una tal cognizione, sia assai meno importante questa parte del metodo d’Eratostene, questa è cosa da concedere a dirittura; ma non è ragione che valga a vituperare o come ignoranti o come menzogneri quegli antichi che, tanto più vicini alla età di Eratostene, ci tramandarono contezza della invenzione di lui.

Nel saggio che ho dato circa l’operazione del Vaglio ho preso, come l’Horsley, la serie dei numeri dispari, non tanto per aver esso fatto così, quanto perchè così fecero Nicomaco e Boezio. E certo che ciò basta pienamente all’uopo di rintracciare i numeri primi assolutamente. Ma primi relativamente esser possono un pari e un dispari. E perciò io inclino a credere che in origine l’operazione d’ Eratostene fosse fatta sopra la serie naturale dei numeri 1, 2, 3, 4, 5... e solo in appresso fosse semplificata, riducendola alla serie dei dispari. E a farmi credere così, oltre l’intrinseca verisimiglianza, me lo persuade ancora un periodo di Nicomaco (ommesso da Boezio), sebbene assai involuto ed oscuro forse per non esserne sincera la lezione. Nè l’assumere la serie dei numeri naturali complicava di troppo l’operazione che rimaneva pur sempre abbastanza spedita. Quella prima semplificazione poi doveva condurre a negligere affatto la ricerca dei numeri primi fra di loro, col mezzo di questo Vaglio, e ridurlo alla semplicità vagheggiata ed ottenuta dall’Horsley.

Quella fatica alquanto maggiore che si impieghi poi nello scrivere tutti i divisori primi (dacchè basta notare questi; e Nicomaco e Boezio non dissero, ciò che fa loro dire l’accademico inglese, doversi notare tutti quanti indistintamente i divisori), reca non leggero compenso a chi non una serie dei numeri primi, cominciando dai più piccoli, volesse fare;