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questo ramo della pubblica amministrazione quelle oscillazioni di sfiducia, quel mormorio, che io non dirò di malcontento, ma di desiderii incompiuti, che agitavano le popolazioni delle nuove provincie prima che la tromba di guerra ci chiamasse di nuovo ad un solo e supremo pensiero.
Ma i tempi grossi faran luogo alla calma, e se non otterremo subito una stabile pace, avremo presto delle tregue.
Egli è perciò che fia mestieri al Governo di essere parato a tenere deste nelle masse l’affetto, l’interesse, e dirò anche lo slancio pel nuovo ordine di cose applicando quell’ardito e vigoroso procedere ch’egli adopra nell’ordine politico, anche alle bisogne economico-amministrative, di guisa che la maggiore possibile soddisfazione delle popolazioni nei loro più vitali interessi le distolga dalle egoistiche velleità di parziali autonomie.
Al quale oggetto uopo è che — lasciate la squadra e il compasso pei giorni di sonnifera calma — egli tenga nelle sue mani, consenziente il Parlamento, la più gran somma di potere possibile, concilievolmente alle libere istituzioni che ci reggono, le quali anzi, a mio avviso, si prestano a meraviglia a fecondare i più grandi concetti.
In tutte le grandi epoche istoriche paragonabili alla nostra, i grandi uomini che reggevano i destini dei popoli furono solleciti a far rispondere al trionfo di una grande idea politica, grandi fatti nell’ordine economico-amministrativo, i quali toccando più da vicino il benessere delle masse, valgono potentemente a legare ed a rendere partecipi tutte le classi della società agli alti