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zione territoriale, di guisa che se il concetto ministeriale dovesse attuarsi converrebbe, come provvisoriamente si è tentato di fare, creare ad arte Circondari entro le Provincie antiche, frastagliandole ad ecclissarne alcune per farne dei Circondari satelliti di nuove Provincie d’improvvisata creazione, quando invece in Piemonte tali subordinate aggregazioni provinciali, ribattezzandi col nome di Circondari, erano nientemeno che tante Provincie costituite da remotissimi tempi con tutti gli elementi di coesione che si richieggono alla salda e non effimera loro esistenza. Da ciò rilevasi che anche dal lato dell’esecuzione materiale s’incorrerebbe in difficoltà gravissime nelle nuove Provincie del Regno, ed in una bisogna nella quale conviene essere assai parchi di nuovi temperamenti. Non sarebbe miglior consiglio di prendere le mosse, in generale, dalla semplicità delle circoscrizioni territoriali degli Stati annessi, per uniformarvi, semplificandole, quelle del Piemonte, anziché complicare quelle per uniformarle a queste?

Se nel riordinamento generale del Regno si adottasse in massima il principio di prendere per base di ogni legge e di ogni disposizione generale quelle leggi e disposizioni speciali, più semplici, più logiche, che si trovassero funzionare ottimamente in alcuna delle circoscrizioni che formavano Stati autonomi, ritengo che ce ne troveremmo pur bene. Così le difficoltà sarebbero minori, essendo arduo proposito, e ciclopica impresa quella di volere creare di getto nuove leggi e nuovi organismi amministrativi. Procedendo invece con sapiente ecletismo, prendendo il meglio da tutte le provincie (antichi Stati) d’Italia, in ciascuna delle quali era veramente talun