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Qui però non si arresta la generosa filantropia dell’ignoto scrittore, ma procede più oltre. Dopo aver fatto il panegirico del porto di Civitavecchia, ed averlo dichiarato inetto a divenire uno scalo importante al commercio di ponente per difetto dei mezzi e pel suo stato attuale, sembra che voglia concludere, che dunque si lasci alla immensa e fiorente Livorno il diritto di divenire sul Mediterraneo l’emporio del novello commercio mediante la riunione dei due mari. Io potrei dimostrare al nostro pietoso ed urbanissimo anonimo che a Civitavecchia meglio che a Livorno non manca il germe della prosperità e della grandezza sol che una benefica ruggiada lo inaffi: che le sue condizioni statistiche, geografiche ed idrografiche sono eccellenti al di sopra di quelle della sua protetta: mi limiterò a rammentargli la sentenza di Baldo che se le strade ferrate sono strumenti necessarii alle prosperità commerciali esistenti sono del pari strumenti necessarii a fare insorgere tale prosperità dove non esiste. Lasci adunque il nostro scrittore che si faccia la sola strada ferrata da Civitavecchia a Roma, e vedrà questa spiaggia che chiama deserta e malsana, fiorire, ingentilirsi; la città gremirsi di abitatori; atterrate le inutili fortificazioni, dilatarsi, empirsi di magazzeni, di depositi, di case; sorgere a contatto del porto attuale un’altro più vasto ed egualmente sicuro quale si conviene a porto della gran Roma, e che si riderà della pericolosa rada livornese. Attivata poi la strada fra Roma ed Ancona, se a Livorno non bastò un secolo per in-