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distinzione fra il campanile di Campidoglio e quel di Pisa, noi poveri d’industria e di commercio, noi dovremmo regalare a’ ricchi toscani tutto il beneficio che possiamo trarre dalla unione dei due mari, e che può arricchirci: se poi dimani essi guazzeranno nell’opulenza e noi morremo di fame, che importa? Ricca la Toscana, è ricca tutta la penisola, e noi che della penisola siamo pure abitanti, ricchi di diritto non di fatto, ce la passeremo sbadigliando, contenti di avere eroicamente rispettata la massima di non far distinzione fra provincia e provincia, fra stato e stato, e di non aver badato ai gretti interessi di località, di campanile! Se però con tali massime in bocca, noi ci presentassimo in Toscana a dimandare impieghi, lavoro, pane; oh allora sì che ci si chiederebbe la fede di nascita, e si alzerebbero per noi a guisa, non di campanile, ma di monti, i confini che separano l’uno Stato dall’altro, e che oggi si vogliono appianati, perchè i nostri pietosi vicini profittino di quel bene che la sola nostra fortunata posizione può darci!!!1

Prosiegue l’autore della memoria beffandosi di noi che, rigettando qualunque progetto di comunicazione colla Toscana, ammettiamo il prolungamento della linea fra Roma ed il Regno di Napoli; locchè egli chiama incoerenza di principii; quasichè fosse impossibile al mondo che una cosa convenga per uno e disconvenga per l’altro. Ma sa egli che i napoletani non verranno giammai nello Stato Ponti-

  1. Se questa ragione dovesse militare, si dovrebbe togliere fra stato e stato ogni divieto d’introduzione de’ respettivi prodotti, ogni dazio.