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rimanente dello Stato, e specialmente su Roma di cui, colla strada ferrata, diverrebbe il sobborgo ed il porto; come il ben essere di un individuo si converte in bene dell’intiera famiglia. Chiederò soltanto se nel caso proposto possa dirsi municipale interesse, nel senso in cui questa frase deve essere veramente intesa, sicchè meriti di essere disprezzato? Allora dovranno non curarsi le vedute di utilità o di danno privato e municipale, quando l’utilità nuoce, o il danno di una città giova ad un’altro municipio o città, ad un’altro membro dello Stato medesimo; perchè in questo caso, considerata la cosa in rispetto all’interesse generale dello Stato l’utilità si bilancia col danno e la partita diviene (come suol dirsi in commercio) passatora. Ma potrebbe mai con buon senno dirsi questione di municipale interesse quella in cui il danno di una città di un municipio si converte in utilità di un estero Stato? In questo caso, non v’ha forse assoluta perdita e danno per lo Stato, il quale non ha compenso nella utilità di un’altro membro di esso? Nel caso nostro: quale utilità verrebbe allo Stato Pontificio o ad altra città di esso, se la Toscana, con danno della sola Civitavecchia potesse direttamente comunicare coll’Adriatico?
Ma è egli vero che il danno sarebbe della sola Civitavecchia? Nò per mia fede! Vi sarebbe danno dello Stato, ed eccone la dimostrazione.
Dal punto in cui la comunicazione stradale per la Toscana abbandonasse la linea dello Stato, tutte le provincie inferiori perderebbero il beneficio che potrebbero risentire dalla strada ferrata proveniente
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