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DE MOTU. Da «un manoscritto del Galileo in più quinternetti in ottavo intitolato fuori «sulla coperta De motu antiquiora, il quale si riconosce esser de’ primi giove«nili studi di lui, e peri quali nondimeno si vede che fin qui da quel tempo non •«sapeva egli accomodare il libero intelletto suo all’obbligato filosofare della co«mune delle scuole.... Quello però di più singolare che è sparso in tal mano«scritto, tutto come si vede, l’incastrò poi egli stesso, opportunamente a’ suoi «: luoghi, nell’opere che egli stampò». Cosi il fldo discepolo di Galileo, e compagno de’ suoi ultimi anni, Vincenzio Viviani. * In questi studi De motu «sono contenute in germe, e talvolta espressamente «significate, le mirabili scoperte che posero poi l’Autore loro tanto sopra agli «altri filosofi contemporanei; e mostrano in fiore i frutti allegati più tardi nei «Dialoghi delle Nuove Scienze Gli studi intorno al:Moto appartengono «al tempo in cui Galileo insegnò nello Studio di Pisa; e quando pur ne mancas«sero altri documenti, basterebbero a farlo presumere i ripetuti accenni alle ce«lebri esperienze ch’egli esegui dalla Torre di Pisa intorno alla caduta dei gravi, «e, più ancora, la scena del dialogo, che é a Bocca d’Arno». ** A quei medesimi anni appartengono, usufruiti pure da lui nelle Nuove Scienze, alcuni Theoremata circa centrum gravUatis solidorum; latini anche questi, come latini i primi scolastici studi appartenenti al suo discepolato Pisano, ■che nel volume I dell’Edizione nazionale sono stati messi in luce sotto il titolo luvenilia. Quella parte poi che negli studi giovanili De motu è dialogica, fa presentire, pur nel latino scolastico per entro alle cui ambagi la scienza contemporanea si avvolgeva, la viva prosa italiana nella quale più tardi Galileo atteggerà il pensiero scientifico. E da quella parte sono qui trascelte alcune pagine. Alexander. Quo tam celeri pede, carissime Dominice? DoMlNiCUS. Ehem, salve, dulce caput! Al. Siste, quaeso, tantisper gradum; nanque, in te sectando, sum adeo defessus, vit vix vitalem auram excalefacto cordi, quantum idem avet, subministrare valeam. Do. Ego autem, quamvis celeri gradu procedam, obsistens tamen frigus vincere nequeo; et male in me verificatur tritum illud dictum,

  • A pag. 104-105 degli Elementi d’Euclide; Firenze, 1674.
    • Avvertimento agli atudì De motu; a pag. 245-49 del voi. I dell’Edizione nazionale

■delle Opere di Galileo.