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PREFAZIONE






Non ci pentiamo d’aver intitolato La prosa di Galileo questo volume, che traccia di grado in grado lo svolgimento dell’opera sua scientifica; dalle meditazioni augurali De motu, nella baldanzosa gioventù, lungo il fiume e il mare di Pisa, alle visioni supreme del candor luminoso dei corpi celesti, affigurate ricordando, per entro le tenebre della cecità e nell’amarezza della crudele prigionia, dal magnanimo Veggente d’Arcetri. Non ci pentiamo d’un titolo retorico a un libro filosofico; perché la retorica di Gglileo fu l’arte del suo pensiero, e la parola rispondeva fedele seguace alla sincerità del raziocinio, dietro le orme di quella «sensata esperienza» della quale egli fa tante volte, contro ai verbosi avversari, il titolo della sua nobiltà di pensatore e di scrittore. E il non esser egli stato scrittore se non in quanto pensatore, ponendo a servigio del suo pensiero preciso e poderoso uno squisito e profondo sentimento della bellezza non artificiata e adorna solamente della sua nudità, è la caratteristica della sua prosa, e dà a lui nella storia della letteratura italiana un luogo tanto più cospicuo, quanto men circondato dagli splendori d’una forma cercata con criteri estrinseci, foggiata secondo gusti soggettivi.

Oseremmo dire ohe letterato, nel senso speciale della parola, Galileo non fu. L’unico che, fra gli Scritti lette-