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di giovanni torti 67

Sai cumular difese; io non t’assolvo.
     Pon mente, o Delio; e dalle due vedrai
410Prime fonti, ch’io dissi, alla parola
Scender vizio talor, come al concetto,
E all’ordin pur, che in suo cammin lo scorge.
Ordine han retto entrambi, e qual con molto
Contender di pensieri, alfin lo elegge,
415E il serba ognor chi di sua mente è donno:
Ma tutta d’Ugo in occultarlo è l’arte,
Sì che a stento il discopri. Aperto e nudo
L’ama Ippolito sempre; e, qual fors’anco
A pedestre sermon laude non fora,
420Delle sentenze sue rado, o non mai
Si attenta anello trascurar, dal primo
All’obbietto secondo, e quindi innanzi
Di grado in grado trapassando. Or lice
Di tradito talvolta, e spento affetto
425Colpa asserirgli nel soverchio vezzo,
E vagheggiar di ripetute voci?
E il ver sia pure, di maligna lente,
Che i raggi offusca abbarbaglianti, e scerne,
O aggrandisce ogni macchia, a noi non piaccia
430Il guardo armar. Già di costui ne tragge
Irresistibil forza in quel profondo
Di sua mesta dolcezza: a tal virtude
Il Ciel formò quest’anima gentile