Pagina:Dei Sepolcri (Bettoni 1808).djvu/77


di giovanni torti 65

«Di cose, che non son, nè ch’esser ponno,»
In lagrimevol modo empion le carte.
     Zelo del retto, e giusto duol, m’han quasi
Ad emular l’inesorabil Cromi,
360Coll’importuno declamar, sospinto;
Nè finor quanto minacciò di lieve
Nota l’ingenuo favellar distinse.
Proceda omai. Tu vedi ben quai vie
Piacquer diverse ai duo diversi ingegni.
365Ove mesta di grato opaco rezzo
Tacita siede una valletta amena,
Con portamento umil questi l’erboso
Clivo lento passeggia, e, i mansueti
Occhi di cara lagrima stillanti
370Al ciel levando, ad or ad or sorride.
Ma quei che al suo veder limiti sdegna,
Su per gli erti dirupi, e per gli alpestri
Massi trascende; e ’l più espedito giogo,
Di balza in balza perigliando, acquista;
375Quivi si posa, e la sopposta terra
Tutta discorre d’uno sguardo, e freme.
Tai l’uno, e l’altro il mio pensier li finge;
E ad ognun, s’io non erro, unica quasi
Puoi taccia appor, di sua virtù il soverchio.
380Mentre dell’uno il dir fa di modesta
Semplicitade, e di natío candore