Di pingui tede gli rosseggia ai lati.
Già già scoprirsi il gran ferètro io veggio. 280Chi son quei duo membruti, i quai balzaro
Sulle misere spoglie, e, fra le risa,
E le bestemmie, un per le braccia, e l’altro
Per le piante le afferra, e i nudi corpi
Concordi avventan nella vasta buca? 285Così forse, o mia patria, era sepolto
Il tuo poeta! Ahi! dalla atroce idea
Rifugge l’alma spaventata. — Altr’ora
Segneremo all’andar. Meglio se ad altro
Ne avesse il vago immaginar condotti! 290Or, qual sarà nelle laudate carte
Loco, che, a sè la devïata mente
Allettando, la torni in suo proposto?
Ecco adombrarsi nel danzar dell’Ore,
Soave inganno, e alla fuggente vita 295Ultima dea, la Speme; ecco giacersi,
Consolate di molli ombre, le quete
Ossa nel patrio suolo. E gran vestigio
Mi stampâr nella mente i paventati
Dalle madri fra ’l sonno urli e querele 300D’inespïato lèmure, e il notturno
Orror, nell’onde eubèe d’uomini, e d’arme
Risonante, e di trombe e di cavalli:
Ivi i gemiti, e gl’inni, e l’immortale