Di ch’io far possa all’alta ingiuria ammenda,
Chè non mi lice almen colla divina
Arte de’ versi ordir sì nobil opra,
Che alle più tarde età di lui ragioni, 230E quanto io l’adorai sempre ridica?
Or quando, o Delio, ella è impossibil cosa,
Il pietoso desío d’altro s’appaghi.
Ma le deserte glebe, ove a migliaja
Uomini stipa immemorata morte, 235Vedran sovente per la mesta selva
Delle croci stampar l’orme devote,
E di pensier, di pianti, e di parole
Espïatrice offrirgli ostia gradita.
Io te pur voglio alla feral campagna 240Seguace, o Delio; ivi riposan l’ossa
Pur di tua madre: misera! che al giorno
Ti espose appena; e, mentre a te raccolto
Nel talamo infelice i primi dava
Sguardi, e sorrisi, ecco l’eterna notte 245Gravò gli occhi amorosi; e le fu tolto
Premerti il latte dal suo petto, e, a lungo
Studio sedendo dell’amata culla,
Consolar di sue voci i tuoi vagiti.
Quando pei campi del celeste azzurro 250Sfavillando le stelle, e senza luna,
E a mezzo il corso più tace la notte,