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di giovanni torti 59

200Ch’io ti veggio turbarti, e trar dal seno
Disdegnosi sospiri. E pur l’acerba
Tua giovinezza, e l’invido recinto,
Che fu de’ tuoi primi anni a guardia eletto,
Ti vietaro il mirar sovra gl’infermi
205Fianchi, e l’infermo piè proceder lente
Le altere forme, e il più che umano aspetto
Del venerando vecchio, e le pupille
Eloquenti aggirarsi, e vibrar dardi
Di sotto agli archi dell’augusto ciglio.
210Nè tu la immensa delle sue parole
Piena sentisti risonar nell’alma,
Allor che apría dalla ispirata scranna
I misteri del Bello; e, rivelando
Di natura i tesori ampj, abbracciava
215E le terrestri, e le celesti cose.
E a me sovente nell’onesto albergo
Seder fu dato all’intime cortine
De’ suoi riposi, e per le vie frequenti
All’egro pondo delle membra fargli
220Di mia destra sostegno: ed ei scendea
Meco ai blandi consigli, onde all’incerta
Virtù, non men che all’imperito stile,
Porgea soccorso; ed anco, oh maraviglia!
Anco talvolta mi beâr sue laudi.
     225Ah! poichè d’oro a me copia non venne,