Ne apparirà vestigio; e alcuna forse
Anima eletta sentirà per loro, 150Come temprate di funèbre vista
Le tacenti delizie eran più care;
Nè potrà teco, senza un gel, che tutta
Di gradevol ribrezzo la distringa,
Per le lunghe aggirarsi opache chiostre, 155E quali erano vivi, e dell’antico
Moto veder rïanimati i volti
Degli stanti cadaveri, e il singulto,
E i delirj amorosi; e le querele,
E i gridi udir della devota gente. 160Per te, patria mia dolce, omai del novo
Senno t’aggiri al vertice propinqua;
Chè gli ammirati dal concorde voto
D’infallibili orecchie, e muti al core
Gorgheggianti Demetrj, Arbaci e Ciri 165Godi far di versata ampia dovizia
Dispettosi, e superbi; e quanto in marmi,
Ed in perenni segni oro cangiassi
Per gl’illustri sepolti, entro ai voraci
Gorghi dell’Adria ti parría sommerso. 170Dov’io ferisca, io ’l so. Portati in pace,
Chè ben ti stan, gli amari detti: è questa
L’ira d’Ugo, ch’io bevo, e m’inacerba.
Ingrata! Un solo di te nato avesti,