380Dato è giacer sovra il suo cener solo.
Ecco la pietra del suo nome impressa,
Che delle madri all’ottima la grata
Delle figlie pietà gemendo pose.
Rendi, rendi, o mia cetra, il più soave 385Suono, che in te s’asconda, e che a traverso
Di questo marmo al fredd’orecchio forse
Giungerà. Che diss’io? Sparì per sempre
Quel dolce tempo, che solea cortese
L’orecchio ella inchinare ai versi miei. 390Suon di strumento uman non v’ha che possa
Sovra gli estinti, cui sol fia che svegli
De’ volanti dal ciel divini Araldi
Nel giorno estremo la gran tromba d’oro.
Che sarà Elisa allor? Parte d’Elisa 395Un’erba, un fiore sarà forse, un fiore
Che dell’Aurora a spegnersi vicina
L’ultime bagneran roscide stille.
Ma sotto a qual sembianza, e in quai contrade
Dell’universo nuotino disgiunti 400Quegli atomi, ond’Elisa era composta,
Riuniransi e torneranno Elisa.
Chi seppe tesser pria dell’uom la tela
Ritesserla saprà: l’eterno Mastro
Fece assai più, quando le rozze fila
Del suo nobil lavor dal nulla trasse;