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d’ippolito pindemonte 41

250E ai Condottier trafitti alzar di tombe!
     Nè già conforto sol, ma scuola ancora
Sono a chi vive i monumenti tristi
Di chi disparve. Il cittadin, che passa,
Gira lo sguardo, il piede arresta, e legge
255Le scritte pietre de’ sepolcri, legge:
Poi, suo cammin seguendo, in mente volge
Della vita il brev’anno, e i dì perduti,
E dice: Da qual ciglio il pianto io tersi?
Non giovan punto, io sollo, i Carraresi
260Politi sassi a una grand’alma in cielo,
Dove altro ha guiderdon, che gl’intagliati
Del Lazio arguti accenti, o le scolpite
Virtù curve su l’urna e lagrimose.
Ma il giovinetto, che que’ sassi guarda,
265Venir da loro al cor sentesi un foco,
Che ad imprese magnanime lo spinge.
Figli mirar, di cui risplenda il nome
Ne’ secoli futuri, o mia Verona,
Non curi forse? Or via, que’ simulacri,
270Che nel tuo Foro in miglior tempi ergesti,
Gettali dunque al suol: cada dall’alto
Il tuo divino Fracastor, dall’alto
Precipiti, e spezzato in cento parti
Su l’ingrato terren Maffei rimbombi.
275Bello io vorrei nelle città più illustri