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d’ippolito pindemonte 39

Non meno che i pensier, vanta gli affetti,
Alle più amate ceneri destina
200Nelle sue tanto celebrate ville,
Ove per gli occhi in seno, e per gli orecchi
Tanta m’entrava, e sì innocente ebbrezza.
Oh chi mi leva in alto, e chi mi porta
Tra quegli ameni, dilettosi, immensi
205Boscherecci teatri? Oh chi mi posa
Su que’ verdi tappeti, entro que’ foschi
Solitarj ricoveri, nel grembo
Di quelle valli ed a que’ colli in vetta!
Non recise colà bellica scure
210Le gioconde ombre, i consueti asili
Là non cercano invan gli ospiti augelli;
Nè Primavera s’ingannò, veggendo
Sparito dalla terra il noto bosco,
Che a rivestir venia delle sue frondi.
215Sol nella man del giardinier solerte
Mandò lampi colà l’acuto ferro,
Che rase il prato ed agguagliollo, e i rami,
Che tra lo sguardo e le lontane scene
Si ardivano frappor, dotto corresse.
220Prospetti vaghi, inaspettati incontri,
Bei sentieri, antri freschi, opachi seggi,
Lente acque e mute all’erba, e ai fiori in mezzo,
Precipitanti d’alto acque tonanti,