120Per occulto cammin l’onda d’argento,
Com’è l’antico grido, e il Greco Alféo,
Che dal fondo del mar non lungi s’alza,
E costanti gli affetti e dolci l’acque
Serba tra quelle dell’amara Teti. 125Ma cosa forse più ammiranda e forte
Colà m’apparve: spazíose, oscure
Stanze sotterra, ove in lor nicchie, come
Simulacri diritti, intorno vanno
Corpi d’anima vóti, e con que’ panni 130Tuttora, in cui l’aura spirar fur visti.
Sovra i muscoli morti e su la pelle
Così l’arte sudò, così caccionne
Fuori ogni umor, che le sembianze antiche,
Non che le carni loro, serbano i volti 135Dopo cent’anni e più: Morte li guarda,
E in tema par d’aver fallito i colpi.
Quando il cader delle Autunnali foglie
Ci avvisa ogni anno, che non meno spesse
Le umane vite cadono, e ci manda 140Su gli estinti a versar lagrime pie,
Discende allor ne’ sotterranei chiostri
Lo stuol devoto: pendono dall’alto
Lampadi con più faci; al corpo amato
Ciascun si volge, e su gli aspetti smunti 145Cerca, e trova ciascun le note forme,