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d’ippolito pindemonte 35

La terra, o figlio, e i bassi tuoi riposi
95Nulla turbi giammai, dice una madre,
Quasi alcun senso, una favilla quasi
Di vita pur nel caro corpo creda.
Memorie alzando, e ricordanze in marmo,
Tu vai pascendo, satollando vai
100L’acre dolor, che men ti morde allora.
Men da te lungi a te pajon quell’alme,
Di cui le spoglie, ond’eran cinte, hai presso.
Che dirò delle tue, Sicilia cara,
profonde sale sepolcrali, dove
105Co’ morti a dimorar scendono i vivi?
     Foscolo, è vero, il regno ampio de’ venti
Io corsi a’ miei verdi anni, e il mar Sicano
Solcai non una volta, e a quando a quando
Con piè leggier dalla mia fida barca
110Mi lanciava in quell’isola, ove Ulisse
Trovò i Ciclopi, io donne oneste, e belle.
Cose ammirande io colà vidi: un monte,
Che fuma ognor, talora arde, e i macigni
Tra i globi delle fiamme al cielo avventa.
115Tempj, che vider cento volte e cento
Riarder l’Etna spaventoso, e ancora
Pugnan con gli anni, e tra l’arena e l’erba
Sorgon maestri ancor dell’arte antica.
Quell’Aretusa, che di Grecia volve