E me che i tempi ed il desio d’onore
Fan per diversa gente ir fuggitivo,
Me ad evocar gli eroi chiamin le Muse
Del mortale pensiero animatrici. 230Siedon custodi de’ sepolcri, e quando
Il tempo con sue fredde ale vi spazza
Fin le rovine, le Pimplée fan lieti
Di lor canto i deserti, e l’armonia
Vince di mille secoli il silenzio. 235Ed oggi nella Tróade inseminata
Eterno splende a’ peregrini un loco
Eterno per la Ninfa a cui fu sposo
Giove, ed a Giove die’ Dárdano figlio
Onde fur Troja e Assáraco e i cinquanta 240Talami e il regno della Giulia gente.
Però che quando Elettra udì la Parca
Che lei dalle vitali aure del giorno
Chiamava a’ cori dell’Eliso, a Giove
Mandò il voto supremo: E se, diceva, 245A te fur care le mie chiome e il viso
E le dolci vigilie, e non mi assente
Premio miglior la volontà de’ fati,
La morta amica almen guarda dal cielo
Onde d’Elettra tua resti la fama. 250Così orando moriva. E ne gemea
L’Olimpio; e l’immortal capo accennando