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in odio la simulazione, la quale è una delle arti ch’usa oggidì il mondo; e come l’ottimo suo genitore amò sempre vita casalinga e tranquilla. Giovò a quanti potè, non cercando utile dal benefizio: e questo suo buon animo mostrò spezialmente inverso de’ suoi.
Imperocchè s’ebbe raccolto in casa un suo nipote dal lato della moglie (Emilio Toni) insin da piccol fanciullo: l’educò con amore di padre; e lo fece ammaestrare in Roma nelle scienze matematiche. E visto poi come le sue cure fossero riuscite a bene (tanto quel giovane si mostrò docile e buono e studioso e di lui amantissimo); e non avendo nè esso nè i fratelli suoi discendenza, lo adottò in figliuolo, lo fece erede delle sue sustanze, e volle che portasse il nome del suo casato.
Non è dunque a maravigliare se tanta bontà di vita e di costumi, congiunta alla scienza, gli procacciasse (secondo che riferimmo di sopra) la stima e l’affetto degli uomini da bene. Ebbe anco onori; chè fu socio di merito dell’Accademia delle belle arti di Ravenna: socio ordinario dell’Accademia Agraria di Pesaro; ed aggregato all’Ateneo di Forlì.
Ora (rifacendomi un po’ a dietro) se bene fosse scampato di quella sua ultima e pericolosa infermità, pure la salute non gli tornò mai intera nè vigorosa; anzi era preso spesse volte da gastralgia (come sogliono chiamarla i medici), non di rado anche a periodici ritorni, massime nella stagione umida e fredda. E questo malore, al quale