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stare all’altrui malvagità, arrischiando la propria vita per amore della rettitudine e del vero. Ma ei n’ebbe bene il debito guiderdone; e fu d’essere meglio conosciuto per quell’onorato uomo ch’egli era. E non solo fece più favorevoli a sè gli animi de’ buoni; ma gli stessi suoi avversari ammirarono l’onestà e la giustizia di lui, nè più ebbero ardire di nuocergli.
Veramente in questa opera della Bonificazione Pontina (sopra la quale, prima di lui, assai idraulici aveano fatto studi profondi, massime l’illustre francese Prony) il Bufalini diede una grande prova di quanto valesse nella sua scienza; essendo che i lavori proposti e diretti da lui intorno al prosciugare i terreni furono d’una importanza grandissima; principalmente quelli che fece per abbassare le acque dell’Ufente, nella parte più alta del fiume; con che, secondo che avea predetto, conseguì il diseccamento di gran vastità di terreno, nominato de’ Gricilli; opera che gl’idraulici tenevano per disperata.
Ma non andò guari che dovette provare gli effetti di quell’aria umida e maligna; onde nell’estate del 1832 infermò di febbre perniciosa, sì che venne a pericolo di morte. Per consiglio dei medici domandò e ottenne di poter tornare in Romagna, a fine di riavere intera la sanità. E già cominciava (dopo nuove tribolazioni di febbri) a ripigliare le prime forze; quando, verso la metà del 1833, gli vennero lettere da Roma che lo chiamavano da capo a Terracina.
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