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nell’Esposizione di Parigi 33

la quale, benchè non sempre bene eseguita, pure riveste ancora tale carattere, da ricordare l’epoca bella di Matteo Corvino. Non parlo dei gioielli tempestati di granate boeme e di turchine, che inondano i mercati. Se essi segnano un trionfo nel campo finanziario, rivelano pur troppo una vera disfatta nel campo del gusto. È sperabile che la bella istituzione del Museo Industriale viennese possa presto far rialzare anche l’arte dell’orafo, come fece per altre industrie, per quelle cioè dei tessili, dei merletti, dei vetri, e via dicendo, le quali, mercè questa scuola, possono oggi tener fronte ai migliori prodotti degli altri paesi.


Mi è doloroso il dire delle condizioni presenti dell’arte nostra nella Svizzera; ma l’amicizia e l’affetto che mi legano a quel nobilissimo paese, mi obbligano ad usar franche parole. Confido per altro che i miei amici dei forti Cantoni riconosceranno nel mio schietto giudizio il vivissimo desiderio che ho di essere loro utile.

La Svizzera, già maestra nell’arte di lavorare l’oro, per modo che i suoi gioielli rivaleggiavano in sui mercati con quelli dei paesi più civili, venne poi decadendo

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