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teriori furono simili Officine in Ravenna.
Che ne’ tempi, ne’ quali l’Italia ebbe gli Esarchi mandati d’Oriente, in questa Città si avessero Zecche, per non parlar quì di quella, che poi v’ebbero gli Arcivescovi1 lo mostrano evidentemente molte monete segnate con le Immagini degli Imperatori Orientali di que’ tempi, ne’ rovesci delle quali si trova RAVEN. oppure RAV., e sono state diligentemente dall’Opera del Banduri, e d’altronde raccolte nella Dissertazione de Num. Rav., e sua Appendice. Lo mostra pure evidentemente un antico Istrumento di vendita dell’anno 572., di cui tanto il principio, che la sottoscrizione del Notajo furono con Caratteri somigliantissimi a quelli, che si veggono nel Papiro Originale publicati dal Dottissimo Filippo del Torre nella Dissertaz. Ad Nummum Aniæ Faustinæ pag. 142. la quale sottoscritione è così conceita; Job. For. (cioè Forensis) hujus splendissimæ Urbis Ravennæ habens stationem ad Monitam Auri in Porticum Sacri Palatii. Era dunque nel Secolo VI. la
- ↑ Alle notizie fin hora dateci intorno alla Zecca degli Arcivescovi Ravennati merita di essere aggiunto un Precetto di Arrigo IV. Rè di Germania, e d’Italia, dell’anno 1080, in cui concede ò conferma al nostro Arcivescovo Viberto, o sia Giberto molte cose, e tra queste districtum Ravennæ cum Portis, Ripa, Portubus, Muris, Publicalis, & omnibus Teloneis, & Moneta publica quam hinc inde.... ibi fieri præcipimus sub potestate sancte dicte Ecclesiæ superius, ejusque Præsulum. È stata questa Pergamena uiltimamente data alla luce dai dottissimi Autori degli Annali Camaldolesi nell’Appendice del poco fa stampato loro Tomo III. pag. 22.