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loro, che in simili Officine erano impiegati, qui in Sacris Fabricis militabant, comunemente chiamavansi Fabricenses; cosa in oggi notissima, e contestata da mille luoghi d’antichi Monumenti, e specialmente dell’uno, e dell’altro Codice, e della Notizia dell’Imperio. La medesima Notizia tra le insegne del Maestro degli Offici in Oriente, al quale come ognuno fa, eran subordinate simili Fabbriche d’Armi, esibisce dipinte molte forti di militari Strumenti, Spade, Lancie, Scudi, Elmi ec. con sopra questa unica parola Fabricæ la qual sola cosa basterebbe per mettere fuor di dubbio, che quella semplice parola era in possesso di significare l’Edifizio destinato al lavoro dell’Armi. Gli stessi Greci alle volte han creduto di farsi meglio intendere con essa, usurpandola nel senso accennato, e alla lor maniera inflettendola, come di molte altre parole latine erano soliti di fare. Nella Novella LXXXV. del nostro Giustiniano veggiam nominarsi τοὺς ἐν ταῖς δημοσίαις καταλεγομένους ὁπλοποιίαις ἢ ταῖς λεγομέναις φάβριξι. L’antico Interprete di queste Novelle spiega: Eos qui in publicis deputati sunt Armifactoriis, aut qui dicuntur Fabricensii. Rettamente, se badiamo soltanto al senso: ma letteralmente poteva spiegarsi quæ vocantur Fabricæ, com’anche trovansi scritto ne’ Cod. antichi per attestato d’Antonio Conti. Più oltre nella stessa Novella incontransi ἐν ταῖς φάβριξι o anche ἐν ταῖς ἱεραῖς φάβριξι in Sacris Fabricis, ed in fine δημοσίαι φάβρικες Publicæ Fabricæ, e s’intendono sempre le Fabbriche d’Armi. Prάβρικος δέκα Λαϊκῶν ἀποτμηθῆναι τὰς κεφαλάς et effecerunt, ut ex illius loci, sic vocata Fabrica dεcem Laici


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