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Ogni pagina della storia del nostro risorgimento è ricca di queste generose avventatezze e sconfitte attraverso le quali si è rafforzato il diritto italiano. In ogni pagina di questa storia, che già pare leggenda, v’ha il nome di quelli che, come Salio dell’Eneide, sono caduti senza cogliere il premio della loro fatica e di pochi, che ricordano l’Anteo della mitologia.

La Basilicata, dunque, nella impresa di Sapri aveva un compito importantissimo e furono circostanze estranee ad essa se questo compito non potè mantenere integralmente.

Aurelio Saffi, nella prefazione al vol. IX delle opere di Mazzini, afferma: «è noto come alla fidanza delle opere e al forte inizio dei fatti di Pisacane mal rispondessero con inesplicabile abbandono dopo le promesse date i suoi concittadini e noti sono purtroppo i fieri casi e l’ultima strage dei generosi che per amore d’Italia si avventurarono a crudel morte fra gente ignara e selvaggia».1

Queste parole non possono colpire, ad accusa o a biasimo, i patrioti costretti da fatali circostanze ad una inazione forzata, giacchè il Saffi fu poca parte dei preparativi per Sapri e non ebbe occasione di conoscere i dettagli precisi di quei tempestosi rivolgimenti.

Dirò, con l’autorità del chiarissimo patriota e storico lucano, Giacomo Racioppi, che «se il moto (così egli) avesse durato ancora alquanti giorni; se fosse Pisacane venuto direttamente in Basilicata causando gli scontri per via; o se piuttosto al centro della congiura di Basilicata, che era a Montemurro, si fosse data notizia certa del luogo dello sbarco, del giorno e del disegno; e il disegno in qualche modo convenuto con essi che avevano a cooperarvi; la Basilicata senza dubbio rispondeva con suoi movimenti.»

Quelli che in Basilicata avevano la direzione dei moti seppero mostrare solerzia, sagace avvedimento e, spenti o carcerati i prodi capitanati da Pisacane, preferirono la prudente politica di Fabio Massimo — cuius non dimicare

  1. Un tal Venosta, in una partigiana ed astiosa narrazione della spedizione di Sapri, è giunto perfino a scagliar insulti contro un valoroso patriota di Montalbano Jonico, il compianto Dott. De Leo, cui move accusa di aver riferito al governo l’accaduto di Ponza. Questa accusa fu una calunnia, ed è davvero deplorevole come per non pochi scrittori la Storia non sia lux veritatis.