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ventura, la notte del 30, due corrieri a cavallo, uno per andare direttamente a Napoli e l’altro a raccogliere notizie sui luoghi dello sbarco. Ma la disfatta fu più celere del fulmine!

E quando si propagò la nuova dei tristi eventi, i patrioti lucani non istettero scoraggiati e inerti, ma cercarono di dare inizio ed incremento a nuovi conati di riscossa. Ed ecco, a documento di ciò, la lettera del giorno 5, mandata a Fanelli dal Comitato di Montemurro:

«..... Quello che ci fu avvisato fu «se sentite sorgere una provincia mandate immediatamente dagli insorgenti e subito insorgete piombando sopra Aulelta». Io risposi di fuoco contro questo piano. Quelle ragioni a mille doppi erano d’applicarsi al caso, a noi ignoto, dello sbarco, mentre un moto naturale, infelice che fosse, dura sempre alquanti giorni o può dar tempo al tempo. È avvenuto appunto che il governo preseppe tutto, previde, provvide. Noi al buio. Il giorno 30 arrivava uffizio a questo giudice di una banda d’isolani di Ponza sbarcati a Sapri. Così sapemmo una cosa, non il vero, non chi fossero, dove andassero. Ci corse in mente il vostro avviso, si pensò al moto sul Cilento. Spiccai alla ventura la notte del 30 due a cavallo. Uno con ordine di volare da voi con mie lettere, l’altro tornare colle raccolte notizie. Ma la sciagura fu più celere del fulmine. La mattina del primo fu l’attacco, la rovina. E tornarono i miei inviati latori di lutto, di scompiglio irreparabile!!

«Pur non ristetti. — Mandai costà. Mandai contemporaneamente ai paesi maggiori, e più ardenti. Era facile il capire che la mia voce, sì possente il dì avanti, era già divenuta, benchè senza mia colpa, e debole ed irrisa. Ecco la necessità di fare appello al giudizio dei più valenti, porre tutto in mezzo, confortare ciascuno a prender posto nell’impegno patriottico, ed errare o far bene unitamente.

«Ahi! tutto riuscì vano. I più miti dicon follia ritentare la sventura, disordine porta disordine, perduti i bovi cercar le corna, il governo all’erta, i soldati non lontani, con qual metodo, con qual segreto magistero i nostri sparsi sopra un suolo che ha tre dì di lontananza da capo a capo, 122 comuni, due al forte nucleo successa la disfatta, all’ordito del partito lo scompiglio, ogni moto, ogni fiato agitato. I più irosi soli hanno gridato «tradimento». Impossibile tanto disastro senza di esso, o d’infernale incantesimo — Va, e rispondi!! Prima dunque del vostro avviso col messo, io tutto aveva fatto, tutto. Appelli, proclami di fuoco, organamento, provvedimenti insurrezionali. — A qual pro? Io sono morto! non so darmi pace. — Povera patria; poveri noi.

Potenza ha risposto non avversare, ma non volere iniziare abbattendo con forto colpo il centro della vita governativa provinciale. — Voler solo costituzione. — Ma come disorganizzare il