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Ad affrenare le ansie ed a temperare gli animi Fanelli, che certo non poteva essere accusato di timidità (era stato combattente sotto Medici a Roma e poi fu dei Mille), opponeva le seguenti ragioni di opportunità e di prudenza. Più degli ostacoli morali, insisteva Fanelli, premono quelli materiali; arrestati i fratelli Magnone e Matina; dissestati i lavori di Bari, Lecce e Salerno; la Basilicata stare in miglior ordine che altrove1; difficilissime le relazioni con Matina a Ponza, con Agresti a Santo Stefano e con altri prigionieri politici a Ventotene; difficilissima la corrispondenza con Fabrizi, che da Malta doveva inviare un carico di armi. In altri termini, se la rivoluzione era preparata moralmente, non lo era materialmente, e quindi non potevasi illico infrangere le catene del dispotismo. Per brevità ometto la testuale citazione dei documenti, che vi si riferiscono.

Ma non basta. Anche Vincenzo Padula, prete di schiettissimi sentimenti patriottici e che per la propaganda faceva frequenti gite a Salerno ed a Montemurro, veniva arrestato. Ecco come l’Albini dava di ciò comunicazione al Comitato di Napoli: «Avversa fatalità ci persegue. Vincenzo Padula, qui condotto dalla fiera per prendersi tutto e correre tosto costà, è arrestato a Salerno; gli rovistano tutto, ma nulla rinvengono; nel contempo il sotto-intendente fa diligenza in casa sua e nulla pure rinviensi. Benedetto!!! Se no quattro provincie rovinate e molti nomi perduti.» (Lettera del 7 Marzo. G. Albini al Comitato di Napoli).

Qui diremo — a onore di questo prete, italiano di mente e di cuore, — che egli, dopo aspro carcere, venne esiliato; partì coi Mille dal lido di Quarto, combattè a Calatafìmi ed a Palermo; soggiacque, gravemento ferito, a Milazzo. Non vide che l’aurora della risurrezione della patria!

Le discussioni e le trattative si protrassero a lungo. Darò risalto alla parte che a tal proposito si riferisce alla Basilicata, attenendomi ai documenti intorno alla spedizione di Sapri, raccolti e pubblicati dall’egregio De Monte, che nel 1871 fu sindaco di Napoli, e che per questo suo lavoro ebbe il consenso e l’approvazione di Mazzini e di Fabrizi.

  1. Lettera dell’11 Maggio 1857. Il comitato di Napoli a Pisacane.