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«Ciò che gli fa impressione, è la lotta in se stessa» ; dove il Croce (voi. T, p. 42, 11. 26 e 27) sopprime, come in analoghi passi, l’inutile impaccio della virgola, che il De Sanctis frequentemente, come in questo caso, pone dopo il soggetto della proposizione.

«E adduce a sua difesa, che i rimatori, che fanno i versi in volgare, hanno gli stessi privilegi de’ poeti»; dove il Croce (voi. I, p. 52, 11 . 5 e 6) isnellisce la lettura abolendo tutte quelle superflue virgole.

«Beatrice morí angiolo prima che fosse donna, e l’amore non ebbe tempo di divenire una passione, come si direbbe oggi, rimase un sogno» ; dove il Croce (voi. I, p. 58, 11 . 5, 6 e 7) all’ultima virgola sostituisce il punto e virgola, per creare una piú sensibile pausa.

«Mentre egli va a raccogliere per il pasto radici, frutta, castagne e noci, il romito prega, e mosso da curiositá chiede a Dio qual luogo spetti al suo novizio in paradiso, e un angiolo risponde, ecc.»; dove il Croce (voi. I, p. 88, tre ultime linee) sopprime l’inutile virgola dopo «prega >,, che è seguito dalla congiunzione, e chiude invece tra due virgole, com’è logico, «mosso da curiositá», mentre, dopo «paradiso», accentua con un punto e virgola il valore della pausa.

«Ma in questo suo albore la letteratura ha lo stesso carattere che mostra nella decadenza, la naturalitá o materialitá del contenuto» ; dove il Croce (voi. I, p. 101, 11 . 1, 2 e 3) all’ultima virgola sostituisce i due punti con funzione esplicativa.

«La realtá anche nuda era per se stessa maravigliosa» ; dove il Croce (voi. I, p. 101, 1. 8) pone naturalmente tra due virgole «anche nuda», dando all’inciso, con le due pause, il necessario rilievo.

«Un Dio personale, che immobile motore produce amando l’idea, ecc.»; dove il Croce (voi. I, p. 236, 11 . 13 e 14) chiude «immobile motore» tra due virgole.

«Il quale effetto nasce da questo che l’autore non si presenta, ecc.»; dove il Croce, (voi. I, 323, 11 . 14 e 15), dopo «questo», introduce un piú che ragionevole due punti.

«Regnano nel suo spirito [di Boccaccio] divinitá Virgilio e Ovidio e Livio e Cicerone»; dove il Croce (voi. I, p. 326, 1 . 21) pone per necessaria chiarezza tra due virgole la parola «divinitá».

«Non è il cavaliere, è lo scudiere, l’eroe di questa storia plebea, ecc.»; dove il Croce (voi. I, p. 373, 1 . 5) toglie dopo «scudiere» la virgola, che altera profondamente il significato della proposizione.

Per concludere, la presente edizione destinata a riprodurre quella del Croce, del quale continua a portare la piena paternitá, non è tuttavia (e cosí certamente non sarebbe piaciuta al filosofo) una meccanica ristampa di essa, che anzi, nei limiti sopra indicati, ha accolto gli ultimi risultati degli studi desanctisiani. Confrontata