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ora, ai nostri fini, direttamente ci riguarda, basterá ricordare che, nel quadro della nota ristampa delle opere complete del De Sanctis progettata dall’editore Einaudi nel 1951, comparve, nel 1958, in due volumi, la Storia della letteratura italiana, curata con singolare impegno da Niccolò Gallo, e della quale (come nel 1930 dell’edizione Cortese) era indispensabile che io tenessi conto nei curare la presente ristampa del testo crociano. Il Gallo è stato in realtá un editore assai industre della maggior opera del De Sanctis, al punto da superare nella larghezza dell’apparato erudito la stessa provvedutissima edizione del Cortese. Ed anche per quanto concerne il proposito della restituzione del testo alla forma piú attendibile, va riconosciuta l’approfondita, minutissima, si vorrebbe dire puntigliosa fatica filologica del Gallo, quantunque sui risultati di essa, a nostro parere, rimangano, come si vedrá, alcuni dubbi di metodo, oltre che di soluzione di singoli casi.

Si deve convenire, tra l’altro, che il confronto delle tre edizioni Morano uscite in vita dell’autore (e cioè quelle del 1870, 1873 e 1879) con l’autografo destinato nella sua forma definitiva alla tipografia ha dato utili risultati in un determinato numero di casi. Il Croce sembrò attribuire al De Sanctis il proprio rigoroso metodo e la propria esperienza di editore di se stesso: lui che, dopo aver lavorato e tormentato i manoscritti delle sue opere, soleva rielaborarli sui dattiloscritti, e vi tornava su nelle bozze di stampa — delle quali era per altro correttore di vigile e infaticabile lena — e nelle ristampe successive. Si può cosí affermare che, novantanove volte su cento, le stampe dal Croce curate delle proprie opere rispondano sillaba per sillaba alla forma da lui stabilitai come definitiva rispetto alle redazioni manoscritte. Ecco le tacite analogie per cui egli dovette considerare l’autografo del De Sanctis come superato dalle tre prime stampe Morano.

Qualche dubbio avanzò piú tardi in proposito il Cortese 1 non convinto che il De Sanctis fosse «un buon correttore di bozze», e che, nella correzione di esse, tenesse sempre sott’occhio il proprio «originale» 2 3 . Né, quanto alle varianti delle stampe rispetto all’autografo, è da escludersi che convergessero l’una e l’altra ragione; senza dire dell’avanzata miopia e stanchezza visiva che venne

1 Vedi De Sanctis, Storia, della letteratura italiana a cura di Nino Cortese, Na poli, Morano, 1935-36, voi. II, p. 543.

3 Tuttavia il Cortese seguí in linea di massima l’edizione crociana del igr2.