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De Sanctis non è stato ancora fatto (sebbene io, qua e lá, in altri miei lavori, abbia dato alcune indicazioni in proposito); e lo consiglierei a qualche giovane diligente, che preferisca un’utile ricerca a un brillante e inutile articolo da giornale. All’occorrenza, il De Sanctis sapeva ritrovare e leggere in una edizione cinquecentesca la Commedia dell’anima, della quale appena un magro cenno avevano fatto il Palermo e il Klein, o procurarsi la trascrizione della inedita e importante rappresentazione del Monaco che andò al servizio di Dio, o mettere la mano sopra quella tra le edizioni delle Maccheronee del Folengo che la critica ha poi dovuto riconoscere come fondamentale, pur essendosi «impuntata», anche dopo il De Sanctis, «a gabellarla per una ciurmeria» l .

A ogni modo, offro ai lettori i risultati del mio esame, indicando insieme non solamente le rare e leggerissime sviste del De Sanctis, ma anche quelle opinioni che egli trovava presso gli eruditi del tempo e che ora la critica contesta, o quelle che sono state contestate al De Sanctis, quantunque a torto. Questo elenco si potrá forse accrescere, ma di ben poco.

Volume 1 , i: «Ciullo d’Alcamo»: il De S. tace dei dubbi sul nome, che, del resto, a quel tempo erano appena cominciati a sorgere, e che non hanno dato alcun frutto. — p. io : «I Reali di Francia, le novelle arabe» : da intendere con larghezza, senza riferirsi precisamente alla compilazione di Andrea da Barberino e alle Mille e una notte. — p. 13 : «Guido, dottore o, come allora dicevasi, giudice»: i due titoli non erano identici.—pp. 15-6: il Borgognoni ( Studi d’erudizione e d’arte, Bologna, 1877, pp. 130-2) se la prende col De Sanctis perché mette l’Intelligenzia fra le cose dei siciliani «nell’opera che gli piacque intitolare Storia della letteratura italiana» [evidèntemente, per cosi grosso peccato, l’opera del De Sanctis meritava di essere squalificata come «storia», e denominata «romanzo»!]: il curioso è, che lo stesso B. a p. 287 conclude, per Ylntelligernia, che «qualcosa di siciliano v’ è; vi sono, come oggidí si direbbe, alcuni elementi siciliani»! — p. 17: lo stesso B. (op. cit., n, 93) dichiara sdegnosamente (era amico del Carducci e abituato a codesti sdegni e disdegni) «cosa non seria il timido tentativo del De Sanctis di regalare alla Nina il sonetto adespoto dello ‘sparviere’». Ma l’attribuzione era del Trucchi; e il De Sanctis la ripeteva in questa cautissima forma : «e se il sonetto dello ‘ sparviere ’ è della Nina, se è lavoro di quel tempo, come non pare

1 Alessandro Luzio, nella Nota alla sua ediz. delle Maccheronee (condotta per l’appunto sulla Vigaso Cocaio, adoprata dal De S.), n, 366 .