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decimosettimo e decimottavo, come reazione al soprannaturale, cercavano di spiegare la storia con mezzi umani e naturali, e rappresentavano come azione de’ caratteri e delle passioni individuali quello, che gli antichi chiamavano il «destino» e Dante con tutto il mondo cristiano chiamava «ordine provvidenziale». Un concetto scientifico della storia era nato in Italia, dove il «destino» e 1’ «ordine provvidenziale» si era trasformato nella <( natura delle cose» di Machiavelli, nello «spirito» di Bruno, nella «ragione» di Campanella, nel «fato» di Vico. Ma il concetto era rimasto nelle alte sfere dell’ intelligenza, e appena avvertito, e fuori dell’arte. Shakespeare, con la profonda genialitá del suo spirito, aveva còlto queste forze collettive e superiori, che sono il fato della storia. Ma lo spirito di Alfieri era superficiale, piú operativo che meditativo, piú inteso alla rapiditá e al calore del racconto che a scrutarne le profonditá. Rimase dunque ne’ cancelli del secolo decimottavo. La tragedia fu per lui lotta d’individui, e il fato storico fu la forza maggiore e la tirannide, e la chiave della storia fu il tiranno. Piú tardi, ispirato dalla Bibbia, gli lampeggiò innanzi il Saul e intrawide un ordine di cose superiore. Ma il suo Dio inesorabile ci sta per figura rettorica, ed esiste piú nell’opinione e nelle parole degli attori che nel nesso degli avvenimenti, tutti spiegati naturalmente. E come un tiranno ci ha da essere, Dio è il tiranno, e tutto 1’ interesse è per Saul, i cui moti sono inconsci e determinati piú dalla malizia di Abner che da malizia sua propria. Il suo Saul è la Bibbia al rovescio, la riabilitazione di Saul e i sacerdoti tinti di colore oscuro.

Or questo concetto era la negazione dell’Arcadia, anzi la sua aperta ed esagerata contraddizione. Al mondo di Tasso, di Guarini, di Marino e di Metastasio succedeva la tragedia, non accademica e letteraria, com’erano le tragedie francesi e italiane, ma politica e sociale, fondata su di una idea maneggiata allora in tutti gli aspetti dagli scrittori; ed era questa: che la societá apparteneva al piú forte, e che giustizia, virtú, veritá, libertá giacevano sotto l’oppressione di un doppio potere assoluto e irresponsabile, la tirannide regia e la tirannide papale, il trono