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Rabbia, vendetta, tenerezza, amicizia, pentimento, pietá, vergogna, amore mi trafiggono a gara. Ah chi mai vide anima lacerata

da tanti affetti e si contrari! Io stesso

non so come si possa

minacciando tremare, arder gelando,

piangere in mezzo all’ ire,

bramar la morte e non saper morire.

Il drammatico va a riuscire in un sonetto petrarchesco. Aristea cosi si descrive a Megacle :

Caro, son tua cosi, che per virtú d’amor i moti del tuo cor risento anch’ io.

Mi dolgo al tuo dolor, gioisco al tuo gioir, ed ogni tuo desir diventa il mio.

E Megacle, seguendo l’amico Licida nella sua sventura, esce in questo bel paragone :

Come dell’oro il fuoco scopre le masse impure, scoprono le sventure de’ falsi amici il cor.

Questi riposi musicali sono come l’arpa di David, che calmava le furie di Saul : rinfrescano l’anima e la tengono in equilibrio fra passioni cosi concitate. E sono sopportabili, appunto perché mescolati co’ moti piú vivaci, con la piú impetuosa spontaneitá del sentimento, offrendoti lo spettacolo della vita nelle sue piú varie apparenze. Argene, che sfida la morte per salvare l’amato e si sente alzare su di sé, come invasata da un iddio, è sublime :

Fiamma ignota nell’alma mi scende; sento il nume; m’inspira, m’accende, di me stessa mi rende maggior.