Pagina:De Sanctis, Francesco – Storia della letteratura italiana, Vol. II, 1962 – BEIC 1808914.djvu/312

Il movimento, che usciva dalle fila della borghesia, non era solo popolare, cioè nelle sue idee e nelle sue tendenze comune a tutte le classi, ma era ancora cosmopolitico, o, come si dice oggi, «internazionale». L’accento era umano, piú che nazionale. L’America e 1’ Europa si abbracciavano in un linguaggio che esprimeva idee e speranze comuni : lo svizzero, l’olandese, il francese, il tedesco, l’inglese parevano nati nello stesso paese, educati alle stesse idee. Il movimento era universale nel suo obbiettivo e nel suo contenuto. L’obbiettivo erano tutte le classi e tutte le nazioni. Il contenuto era non solo una riforma religiosa, politica, morale e civile, ma un radicale mutamento nelle stesse condizioni economiche della societá, ciò che oggi direbbesi «riforma sociale», correndo nel suo lirismo sino alla comunione de’ beni. Nato dal costante lavoro di tre secoli, il movimento per la sua universalitá contenea in idea o in germe tutta la storia futura del mondo pel corso di molti secoli. Pure, ciò, che era appena un principio, sembrava esser la fine : tanto parea cosa facile effettuare di un colpo tutto il programma.

Dove il movimento si mostrava piú energico e concentrato e di natura assolutamente cosmopolitica, era in Francia. Ed essendo la lingua francese giá molto divulgata, la propaganda era irresistibile. Nelle altre nazioni appariva appena, e nelle sue forme piú modeste.

La forma piú temperata di questo movimento era l’antica lotta tra papato e impero, divenuta lotta giurisdizionale tra la corte romana e le monarchie. In questo terreno i novatori avevano per sé i principi, e all’ombra loro spandevano le nuove idee. I giureconsulti stavano per antica tradizione co’ principi, e difendevano i loro dritti contro la Chiesa con una dottrina ed un acume non scevro di sottigliezza sofistica : erano i liberali di quel tempo, e fu loro opera che le nuove idee si dilatassero nella classe colta. Nel campo avverso erano i gesuiti, inframmettenti, intolleranti, che invelenivano la lotta e ne allargavano le proporzioni. Erano essi lo sprone che stuzzicava l’ingegno. In quel contrasto si formò Paolo Sarpi; da quel