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[La libertade] — fa egli dire a Giove, — quando verrá ad essere ociosa, sará frustratoria e vana, come indarno è rocchio che non vede, e mano che non apprende... Ne l’etá... dell’oro per l’ocio gli uomini non erano piú virtuosi che sin al presente le bestie son virtuose, e forse erano piú stupidi che molte di queste.

Bruno rigetta quella vita oziosa, che fu detta «aurea» e ch’egli chiama «scempia», fondata sulla passivitá dell’ intelletto e della volontá, e non può parlarne senz’aria di beffa. Il soprannaturale è incalzato ne’ suoi principi e nelle sue conseguenze.

Secondo la morale di Bruno, il lume naturale viene destato nell’anima dall’amore del divino o dal principio formale aderente alla materia, e per il quale la materia è bella. Amare la materia in quanto materia è cosa bestiale e volgare, e Bruno se la prende col Petrarca e i petrarchisti, lodatori di donne per ozio e per pompa d’ingegno, a quel modo che altri «han parlato delle lodi della mosca, del scarafone, de l’asino, de Sileno, de Priapo, scimie de quali son coloro c’ han poetato a’ nostri tempi —• dic’egli — delle lodi degli orinali, de la piva, della fava, del Ietto, delle bugie, del disonore, del forno, del martello, della carestia, de la peste». Obbietto dell’amore eroico è il divino o il formale: la bellezza divina «prima si comunica all’anime, e... per quelle... si comunica alli corpi; onde è che l’affetto ben formato ama... la corporal bellezza, per quel che è indice della bellezza del spirito. Anzi quello che n’ innamora del corpo è una certa spiritualitá che veggiamo in esso, la qual si chiama ‘ bellezza’; la qual non consiste nelle dimensioni maggiori o minori, non nelli determinati colori o forme, ma in certa armonia e consonanza de membri e colori». L’amore sveglia nell’anima il lume naturale o la visione intellettiva, la luce intellettuale, e la tiene in istato di contemplazione o di astrazione, si che pare insana e furiosa, come posseduta dallo spirito divino. Questo è non il volgare, ma l’eroico furore, per il quale l’anima si converte come Atteone in quel che cerca: cerca Dio e diviene Dio: e, avendo contratta in sé la divinitá, non è necessario che la cerchi fuori di sé. «Però ben si dice il regno de Dio esser in noi, e la divinitade abitar in noi per forza» della visione