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fissi e determinati, che comparivano in maschera, e alcuni anche senza, come Pantalone, Brighella, Arlecchino, Pulcinella, il Dottore bolognese, il capitan Spavento o il capitan Matamoros, il servo sciocco, come Trappola, e simili. Rappresentazioni che ricordavano le atellane dell’antica Roma, e si chiamavano «commedie a soggetto», dove non ci era altro di espresso che il soggetto. Gli attori erano anche autori, e spesso rappresentavano prima una commedia «erudita», e poi per far piacere al pubblico improvvisavano una commedia a soggetto o «dell’arte». Intrighi amorosi, combinazioni straordinarie della vita e certe parti episodiche convenute, certi caratteri tradizionali, come lo sciocco, il bufilo, il discolo, il pedante, la mezzana, l’usuraio, sono il fondo di questi repertori popolari, a’ quali si avvicinano molto le commedie dell’Aretino. Ivi si trovano i secreti della vita e del carattere italiano, assai piú che in tutte le imitazioni classiche. Una storia della commedia e della novella in tutte le sue forme sarebbe un lavoro assai istruttivo, e se ne caverebbero elementi preziosi per la storia della societá italiana. Un ricco repertorio di soggetti sceneggiati ci ha lasciato nelle sue Cinquanta giornate Flaminio Scala, autore e attore cosi famoso come il «famosissimo» Ruzzante, e Andrea Calmo, «stupore e miracolo delle scene». Flaminio rappresentava la parte dell’ innamorato, e fu il capo di quella compagnia comica che apri il primo teatro italiano a Parigi, nel 1577, sotto Enrico terzo. Celebre attrice fu sua moglie Orsola, e piú celebre fu Isabella di Padova, sposata a Francesco Andreini, che rappresentava la parte del capitan Spavento. Isabella, celebrata dal Tasso, dal Castelvetro, dal Campeggi, dal Chiabrera, mori a Lione, e nella scritta posta al suo sepolcro è detta «Musis amica et artis scaenicae caput». Pari a lei di fama e di genio e di virtú fu Vincenza Armani, di Venezia, scrittrice e attrice, che ne’ drammi pastorali rappresentava la parte di Clori. La parte del Dottore fu resa celebre dal Graziano, e Arlecchino ebbe il suo grande interprete in Giovanni Ganassa, da Bergamo, che nel 1570 introdusse nella Spagna la commedia dell’arte, come Flaminio aveva fatto a Parigi e a Londra.