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STORIA DELLA LETTERATURA ITALIANA

I 2

Indi, col seno e con la falda piena di speme, ma di pioggia molle e brutto, la notte andai sin al «Montone» a cena.

Ora lo prende la stizza, e si sfoga descrivendo la cupiditá ingorda de’cardinali; ora fa il filosofo, come volesse dire; —’E quando anche avessi le ricchezze del Gran Turco e tre e quattro mitre, ne vai poi la pena? —

Sia ver che d’oro m’empia la scarsella e le maniche e il grembo e, se non basta, m’empia la gola, il ventre e le budella;...

in ch’util mi risulta essermi stanco in salir tanti gradi? Meglio fora starmi in riposo o affaticarmi manco.

Ora ha aria di scusare il papa.—Poerino! Parenti, cardinali che gli diedero «il piú bel di tutt’ i manti», amici che lo aiutarono a tornare a Firenze, dee dar bere a tanti! —

Se fin che tutti beano aspetto a trarrne la volontá di bere, o me di sete o secco il pozzo d’acqua veder parme: meglio è star nella solita quiete.

Questa magnifica situazione è sviluppata con ricchezza di motivi e di gradazioni, con una perfetta veritá di caratteri e con un’ ironia tanto piú pungente quanto appare piú ingenua e piú bonaria. Lo stesso ho a dire di Ludovico fatto governatore, che fa un ritratto stizzoso de’ suoi amministrati e deplora il tempo sciupato intorno ad essi, o di Ludovico che nega di andare in Ungheria, o che raccomanda a Pietro Bembo il figlio, e gli narra la sua vita e le sue contrarietá, i suoi studi. Ci si vede tra la stizza quella specie di rassegnazione delle anime fiacche, che significa:—Ma che ci è a fare? Pazienza! — E anche una specie di bonomia, che gli fa sciorinare tutt’ i suoi difetti, come fossero perle. Anche il Berni è cosi, e si fa bello della sua poltroneria; ma carica e buffoneggia con lo scopo di far ridere : dove Ludovico si dipinge tutto ai naturale, a semplice sfogo del malumore, e meno cerca l’effetto e piú l’ottiene. Si