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gli elementi della coltura italiana. Pugnavano in lui due uomini : il pagano e il cattolico, l’Ariosto e il concilio di Trento. Mortagli la madre che era ancor giovinetto, lontano il padre, insidiato da’ parenti, confiscati i beni, tra’ piú acuti bisogni della vita, non dimentica mai di essere un gentiluomo. Serve in corte, e si sente libero; vive tra’ vizi e le bassezze, e rimane onesto; domanda pietá con la testa alta e con aria d’uomo superiore e in nome de’ principi piú elevati della dignitá umana.

Ha una certa somiglianza col Petrarca. Tutti e due furono i poeti della transizione, gl’ illustri malati che sentivano nel loro petto lo strazio di due mondi che non poterono conciliare. La musa della transizione è la malinconia. Ma la malinconia del Petrarca era superficiale : rimaneva nella immaginazione non penetrò nella vita. Era una malinconia non priva di dolcezza, che si effondeva e si calmava negli studi, e lo tenne contemplativo e tranquillo fino alla piú tarda etá. La malinconia del Tasso è piú profonda: lo strazio non è solo nella sua immaginazione, ma nel suo cuore, e penetra in tutta la vita. Sensitivo, impressionabile, tenero, lacrimoso. Prende sul serio tutte le sue idee, religiose, filosofiche, morali, poetiche, e vi conforma il suo essere. Entusiasta sino all’allucinazione perde la misura del reale e spazia nel mondo della sua intelligenza, dove lo tiene alto sull’umanitá l’elevatezza e l’onestá dell’animo. Gli manca quel fiuto degli uomini e quel senso pratico della vita, che abbonda a’ mediocri. La sua immaginazione è in continuo travaglio, e gli corona e trasforma la vita non solo come poeta, ma come uomo. Immaginatevelo nell’ Italia del Cinquecento e in una di quelle corti, e presentirete la tragedia. All’abbandono, alla confidenza, all’espansione della prima giovinezza succede tutto il corteggio del disinganno, la diffidenza, il concentramento, la malinconia, l’umor nero e l’allucinazione : stato fluttuante tra la sanitá e la pazzia, e che potè far credere, non che ad altri, ma a lui stesso di non avere intero il senno. In luogo di medici e di medicine gli era bisogno un ritiro tranquillo, co’ suoi libri, e vicina una madre o una sorella o amici resi intelligenti dall’affetto. Invece ebbe il carcere e la sterile compassione