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nel caldo dell’affetto e nel tumulto dell’azione : non è una storia drammatica. L’autore non è sulla scena né dietro la scena, ma è nella sua camera, e, mentre i fatti gli sfilano avanti, cerca afferrarne i motivi. La sua apatia non è che preoccupazione di filosofo, inteso a spiegare e tutto raccolto in questo lavoro intellettivo, non distratto da emozioni e impressioni. È l’apatia dell’ingegno superiore, che guarda con compassione a’ moti convulsi e nervosi delle passioni.

Ne’ Discorsi ci è maggior vita intellettuale. L’intelletto si stacca da’ fatti, e vi torna per attingervi lena e ispirazione. I fatti sono il punto fermo intorno a cui gira. Narra breve, come chi ricordi quello che tutti sanno ed ha fretta di uscirne. Ma, appena finito il racconto, comincia il discorso. L’intelletto, come rinvigorito a quella fonte, se ne spicca tutto pieno d’ispirazioni originali, sorpreso e contento insieme. Senti li il piacere di quell’esercizio intellettuale e di quella originalitá, di quel dir cose che a’ volgari sembrano paradossi. Quei pensieri sono come una schiera ben serrata, dove non penetra niente dal di fuori a turbarvi l’ordine. Non è una mente agitata nel calore della produzione, tra quel flutto d’immaginazioni e di emozioni che ti annunzia la fermentazione, come avviene talora anche a’ piu grandi pensatori. È l’intelletto pieno di gioventú e di freschezza, tranquillo nella sua forza e in sospetto di tutto ciò che non è lui. Digressioni, immagini, effetti, paragoni, giri viziosi, perplessitá di posizioni : tutto è sbandito in queste serie disciplinate d’idee, mobili e generative, venute fuori da un vigor d’analisi insolito e legate da una logica inflessibile. Tutto è profondo, ed è cosi chiaro e semplice che ti par superficiale.

Il fondamento de’ Discorsi è questo: che gli uomini «non sanno essere né in tutto buoni né in tutto tristi.», e perciò non hanno tempra logica, non hanno virtú. Hanno velleitá, non hanno volontá. Immaginazioni, paure, speranze, vane cogitazioni, superstizioni tolgono loro la risolutezza. Perciò «stanno» volentieri «in sull’ambiguo», e scelgono le «vie di mezzo», e «seguono le apparenze». Ci è nello spirito umano uno stimolo o appetito insaziabile, che lo tiene in continua opera e