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nota 437


quel capitolo, ebbe tra mano le Commedie dell’Aretino, e almeno il primo volume delle Lettere, di cui qua e lá citò testualmente qualche brano; ma che adoperò altresí l’edizione delle Opere di Pietro Aretino, ordinate ed annotate da Massimo Fabi, precedute da un discorso intorno alla vita dell’autore ed al suo secolo (Milano, Sanvito, i863: ristampa, Milano, Brigola, i88i), nella quale il discorso, che annunzia il frontespizio, è nient’altro che traduzione del Saggio dello Chasles. Il Fabi nella sua pessima edizione (che comprende, con quel titolo di Opere, nient’altro che l’Orazia, una commedia, pochi versi e alcune lettere orrendamente riprodotte), traducendo lo Chasles, non si die’ la pena di ripescare i brani originali, che il critico francese aveva tradotto, e li ritradusse dal francese. Il De Sanctis, giudicando che alcuni di quei brani, scelti dallo Chasles con molta intelligenza, facevano al caso suo, si valse del volume del Fabi, ignaro della frode da costui commessa, e credendo in buona fede di leggere brani testuali. Sicché si potrá ben tacciarlo, questa volta, di poco accorgimento, ma non di un mezzuccio letterario, che egli era incapace di adoperare e del quale forse stimava altri incapace, tanto da diventarne esso vittima. A ogni modo, non mi è sembrato dubbio che fosse mio dovere restituire i brani originali, valendomi dell’edizione parigina (i609) delle Lettere dell’Aretino, e, pei brani che lo Chasles aveva tolti al Mazzuchelli, della Vita di P. A. (Padova, i74i); si perché l’errore del De Sanctis era affatto materiale, epperò di quelli che gli editori possono, in determinati casi, correggere; e si anche per impedire che, in un libro cosi divulgato quale è questa Storia della letteratura italiana, andassero in giro brani di un autore italiano, che, in quella forma precisa, non esistono nella nostra letteratura.

Oltre il lavoro di revisione del testo e delle citazioni, mi è parso indispensabile aggiungere a ciascun capitolo della Storia un rapidissimo sommario, che ho chiuso in parentesi quadre, e altresi di suddividere i capitoli piú lunghi (il VII, sulla Divina Commedia, è di oltre cento pagine; e cosi il XIX, sulla Nuova scienza, e il XX, sulla Nuova letteratura) in capitoletti o paragrafi, distinguendoli con numeri. A me sembra che i sommari riusciranno di qualche utilitá cosi per agevolare la lettura di ciascun capitolo, come per riassumerne ad uso della memoria il contenuto; e, raccolti poi in fondo a ciascun volume, daranno a chi li scorre come una veduta complessiva di tutta la Storia. Ma essi serviranno