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xx - la nuova letteratura 345


abitudini. Nell’altro campo erano i filosofi, che non riconoscevano autoritá di sorta, e tanto meno quella della Crusca; che invocavano la loro ragione e vagheggiavano una nuova Italia cosi in letteratura come nelle istituzioni e in tutti gli ordini sociali. I critici rappresentavano la parte della filosofia nelle lettere, senza occuparsi di politica; anzi spesso la loro insolenza letteraria era mantello alla loro servilitá politica, come fu del gesuita Bettinelli e del Cesarotti. In prima fila tra’ contendenti erano l’abate Cesari e l’abate Cesarotti. Il Cesari, nella sua superstizione verso i classici, cancellò in sé ogni vestigio dell’uomo moderno. Il Cesarotti, di molto piu. spirito e coltura, nella sua irreligione verso gli antichi andò cosi oltre, che volle fare il pedagogo a Omero e Demostene, e andò in cerca di una nuova mitologia nelle selve calidonie. Quando comparve l’Ossian, girò la testa a tutti: tanto eran sazi di classicismo. Il bardo scozzese fu per qualche tempo in moda, e Omero stesso si vide minacciato nel suo trono. Si sentiva che il vecchio contenuto se ne andava insieme con la vecchia societá, e in quel vuoto ogni novitá era la benvenuta. Quei versi armoniosi e liquidi, in tanto cozzo di spade scintillanti tra le nebbie, fecero dimenticare i Frugoni, gli Algarotti e i Bettinelli. Cominciava una reazione contro l’idillio, espressione di una societá sonnolenta e annoiata in grembo a Galatea e a Clori, e piacevano quei figli della spada, quelle nebbie e quelle selve, e quei signori de’ brandi e quelle vergini della neve. Gli arcadi si scandalizzavano; ma il pubblico applaudiva. Per vincere Cesarotti, non bastava gridargli la croce : bisognava fare e piacere al pubblico. Ora l’attivitá intellettuale era tutta dal canto de’ novatori: chi aveva un po’ d’ingegno, «si gittava al moderno», come si diceva, nelle dottrine e nel modo di scrivere; e si acquistava nome di «bello spirito» dispregiando i classici, come di «spirito forte» dispregiando le credenze. La vecchia letteratura, come la vecchia credenza, era detta «pregiudizio», e combattere il pregiudizio era la divisa del secolo illuminato, del secolo della filosofia e della coltura. Chi ricorda l’entusiasmo letterario del Rinascimento, può avere un giusto concetto di questo entusiasmo filosofico