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28 storia della letteratura italiana


                               Stese la mano in quella chioma d’oro,
e strascinollo a sé con violenza;
ma, come gli occhi a quel bel volto mise,
gli ne venne pietade e non l’uccise.
     


Cosí subitanee e cosí fugaci sono le tue emozioni, quando ti balzano innanzi certe immagini tenere. Si sveglia subito nel tuo cuore qualche cosa che si move e che non puoi chiamare ancora «sentimento», quando una nuova immagine ti avverte del gioco e ricaschi nella tranquillitá della tua visione. Una delle creature più simpatiche dell’Ariosto è Zerbino, e, quando gli giunge addosso la spada di Mandricardo, ci è nel nostro cuore un piccol movimento, che risponde ai palpiti della sua Isabella; ma il poeta con una galanteria piena di grazia paragona la lunga e non profonda ferita al nastro purpureo, che partisce la tela d’argento ricamata dalla sua bella, e spenge in sul nascere quel movimento. La morte di Zerbino è una scena molto tenera, il cui sentimento troppo straziante è rintuzzato da immagini graziosissime. Isabella è china sul morente: il poeta la guarda, e la trova pallidetta come rosa:


                               rosa non còlta in sua stagion, sí ch’ella
impallidisca in su la siepe ombrosa.
     


Zerbino, morendo, nella sua disperazione manda un ultimo sguardo pieno di passione all’amata:


                               Per questa bocca e per questi occhi giuro.
per queste chiome onde allacciato fui...
     


Talora è una sola circostanza ben collocata, che dal sentimentale ti gitta nell’immagine:


                               E straccia a forto l’auree crespe chiome.      


A questo ufficio adempiono specialmente i paragoni, che nel più vivo dell’emozione te ne distraggono e ti presentano un altro oggetto. Sacripante nel suo dolore paragona la verginella alla rosa. Angelica incalzata da Rinaldo pare una cavriola fuggente, che abbia veduta la madre sotto i denti del pardo: