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xix - la nuova scienza 287


positive entravano appena nel gran quadro della sua coltura, e di matematiche sapeva non oltre di Euclide, stimando «alle menti giá dalla metafisica fatte universali non... agevole quello studio proprio degli ingegni minuti». Cercò dunque la fisica fuori delle matematiche e fuori delle scienze sperimentali: la cercò fra i tesori della sua erudizione, e la trovò nei «numeri» di Pitagora, ne’ «punti» di Zenone, nelle «idee divine» di Platone, nell’«antichissima sapienza itafica». L’Europa aveva Newton e Leibnizio; e a Napoli si stampava De antiquissima italorum sapientia. Erano due colture, due mondi scientifici che si urtavano. Da una parte era il pensiero creatore, che faceva la storia moderna; dall’altra il pensiero critico, che meditava sulla storia passata. Chiuso nella sua erudizione, segregato nella sua biblioteca dal mondo de’ vivi, quando Vico tornò in Napoli, trovò nuova cagione di maraviglia. L’aveva lasciata tutto fisica; la trovava tutto metafisica. Le Meditazioni e il Metodo di Cartesio avevano prodotto la nuova mania. Vico senti disgusto per una cittá che cangiava opinione da un di all’altro «come moda di vesti». E vi si senti straniero, e vi stette per alcun tempo straniero e sconosciuto. Vedeva il movimento attraverso i suoi studi e i suoi preconcetti.

Quelle fisiche atomistiche gli pareva non poter condurre che all’ateismo e alla morale del piacere, e le accusava di falsa posizione, perché l’atomo, il loro principio, era corpo giá formato, perciò era principiato e non il principio; e andava cercando il principio al di lá dell’atomo, ne’ numeri e ne’ punti. Soffiava in lui lo stesso spirito di Bruno e di Campanella. Si sentiva concittadino di Pitagora e discepolo dell’antica sapienza italica. Quanto al metodo geometrico, rifiutava di ammetterlo come una panacea universale : era buono in certi casi, e si potea usarlo senza quel lusso di forme esteriori, dove vedea ambizione, pretensione e ciarlataneria. Il «cogito» gli pareva cosi poco serio, come l’atomo. Era anch’esso principiato e non principio: dava fenomeni, non dava la scienza. Giudicava Cartesio uomo ambiziosissimo ed anche un po’ impostore, e quel suo «metodo» dove, annullando la scienza con la bacchetta magica del suo