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286 storia della letteratura italiana


Tommaso «latinissimo» : cosi li qualifica Vico. Il quale conosceva a fondo il mondo greco e latino, Aristotele e Platone, con tutta la serie degl’interpreti fino a quel tempo; ammirava nel Cinquecento quello stesso mondo, redivivo ne’ Ficini, ne’ Pico, ne’ Mattei Acquaviva, ne’ Patrizi, ne’ Piccolomini, ne’ Mazzoni; di letteratura, di archeologia, di giurisprudenza peritissimo; il medio evo gli era giunto con la scolastica e con Aristotele, il Cinquecento con Platone e Cicerone; de’ fatti europei sapeva, quanto era possibile in Italia. Era un dotto del Rinnovamento, che scoteva da sé la polvere del medio evo e cercava la vita e la veritá nel mondo antico. Il suo sapere era erudizione, la forma del suo pensiero era latina, e il suo contenuto ordinario era il dritto romano. Avvocato senza clienti, fece il letterato e il maestro di scuola. Passati erano i bei tempi di Pietro Aretino. La letteratura senza l’insegnamento era povera e nuda, come la filosofia. Andava per le case insegnando, facea canzoni, dissertazioni, orazioni, vite, a occasione o a richiesta. Lo conobbe don Giuseppe Lucina, «uomo di una immensa erudizione greca, latina e toscana in tutte le spezie del sapere umano e divino», e lo fe’ conoscere a don Niccolò Caravita, un avvocato primario e «gran favoreggiatore de’ letterati». Vico, parte merito, parte protezione, fu professore di rettorica all’universitá. Vita semplice e ordinaria, dal i668 al i744. Vita accademica, tranquilla di erudito italiano, formatosi nelle biblioteche e fuori del mondo, rimasto abbarbicato al suolo della patria. Il movimento europeo gli giunse a traverso la sua biblioteca, e gli giunse nella forma piú antipatica a’ suoi studi e al suo genio. Gli venne addosso la fisica di Gassendi, e poi la fisica di Boyle, e poi la fisica di Cartesio. — La gran novitá! — pensava il nostro erudito. — Ma l’hanno giá detto, questo, Epicuro e Lucrezio. — E per capire Gassendi si pose a studiare Lucrezio. Ma la novitá piacque. — Fisica, fisica vuol essere — diceva la nuova generazione, — macchine; non piú logica scolastica, ma Euclide; sperimenti, matematiche: la metafisica bisogna lasciarla ai frati. — Che diveniva Vico, con la sua erudizione e col suo dritto romano? Reagi, e cercò la fisica non con le macchine e con gli esperimenti, ma ne’ suoi studi di erudito. Le scienze