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movimenti appassionati. Vi penetra una mollezza musicale, piena di grazia e delicatezza, che rende voluttuosa anche la lacrima. Semplicitá molta e nell’ordito e anche nello stile, che, senza perder di eleganza, guadagna di naturalezza, con una sprezzatura che pare negligenza ed è artificio finissimo. Ed è perciò semplicitá meccanica e manifatturata, che dá un’apparenza pastorale a un mondo tutto vezzi e tutto concetti. È un mondo raffinato, e la stessa semplicitá è un raffinamento. A’ contemporanei parve un miracolo di perfezione, e certo non ci è opera d’arte cosi finamente lavorata.

Tentò il Tasso anche la tragedia classica, e ad imitazione di Edipo re scrisse il suo Torrismondo. Ma l’Italia non avea piú la forza di produrre né l’eroico né il tragico, e lí non ci è di vivo se non quello solo di vivo che era nel poeta e nel tempo, l’elemento elegiaco, massime ne’ cori. I contemporanei credettero di avere il poema eroico nella Gerusalemme, e, non molto soddisfatti del Torrismondo, aspettavano ancora la tragedia classica.

Delle sue rime sopravvive qualche sonetto e qualche canzone, effusione di anima tenera e idillica. Invano vi cerco i vestigi di qualche seria passione. Repertorio vecchio di concetti e di forme, con i soliti raffinamenti. Dipinge bella donna cosi:


                                    Ché del latte la strada
ha nel candido seno,
e l’oro delle stelle ha nel bel crine,
ne’ lumi ha la rugiada.
     


Il suo dolore esprime a questo modo:


                                    Fonti profondi son d’amare vene
quelli ond’ io porto sparso il seno e ’l volto;
è ’nfinito il dolor, che dentro accolto
si sparge in caldo pianto e si mantene:
né scema una giammai di tante pene,
perch’ il mio core in dolorose stille
le versi a mille a mille.